domenica 27 maggio 2012

La Corte europea conferma la possibilità di richiedere criteri del commercio equo e solidale negli appalti pubblici


Riporto tradotto da ekitinfo.org 27 maggio 2012 questo interessante post su una sentenza innovativa della Corte Europea di Giustizia.

Il 10 maggio 2012, la Corte di Giustizia dell'Unione europea ha fornito chiarimenti di tipo giuridico essenziale confermando che i criteri del commercio equo e solidale possono essere inclusi negli appalti pubblici. Ciò conferma la prassi delle amministrazioni aggiudicatrici in tutta Europa, conferma la tendenza degli acquisti responsabili e non può essere ignorata nel processo di revisione della Direttiva Europea sugli Appalti Pubblici.
 Nella sua decisione (in merito ad una gara d'appalto nella provincia olandese Noord-Holland) la Corte indica chiaramente che le autorità aggiudicatrici possono scegliere un criterio di aggiudicazione sulla base di considerazioni sociali o ambientali se queste sono una condizione di esecuzione del contratto. La Corte afferma anche esplicitamente che è possibile fare riferimento nel criterio di aggiudicazione "al fatto che il prodotto proviene dal commercio equo." Pertanto, le autorità pubbliche possono promuovere un candidato che incorpora i criteri del commercio equo e solidale.
Questa sentenza, che rafforza la giurisprudenza in materia di clausole sociali (in particolare di inserimento), conferma anche che le autorità aggiudicatrici possono fare riferimento alle caratteristiche ambientali del commercio equo (assenza di pesticidi e di organismi geneticamente modificati) nelle specifiche tecniche di una gara d'appalto.
Per quanto riguarda il riferimento alle etichette, la Corte considera che sia necessario specificare i criteri alla base delle etichette, in particolare per i marchi del commercio equo e solidale. Questi sono tuttavia considerati dalla Corte come prova del rispetto di tali criteri, a condizione che altre prove siano ammesse.
(In pratica l'amministrazione aggiudicatrice può richiedere che i prodotti da fornire provengano dall’agricoltura biologica o dal commercio equo-solidale, ma deve usare specifiche dettagliate e non può imporre che tali prodotti presentino un’eco-etichettatura o a un marchio determinato.)
Questa decisione è una buona notizia per i responsabili degli acquisti pubblici, ed in particolare per il movimento del commercio equo. Essa interviene nel momento in cui la direttiva europea sugli appalti pubblici è in fase di revisione, con una questione importante che ancora rimane da chiarire: nelle future regole dell’Unione, le specifiche tecniche potranno anch’esse fare riferimento agli aspetti socilai del processo di produzione, compreso il rispetto delle convenzioni dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro? Per la Associazione Francese del Commercio Equo (PFCE) e l’Osservatorio Francese degli Acquisti Responsabili (ObsAR, il Parlamento Europeo e il Consiglio dei Ministri dovrebbero assicurarsi che le future norme comunitarie consentano che una distinzione sia fatta nelle specifiche tecniche tra prodotti progettati con o senza lavoro minorile forzato, per esempio.

Qui la notizia riportata anche da greenreport.it:

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