domenica 4 marzo 2012

L'amor e il kebab

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L'amor e il kebab 
C'erano una volta, a metà dell'800 o giù di li, due "stranieri": due fratelli svizzeri originari del cantone dei Grigioni. Si chiamavano Osvaldo e Giorgio Aichta: insieme all'amico Giovanni Kaspar e ad un paio di altri conterranei immigrati decidono di aprire, a Pontremoli nel 1842, una drogheria - pasticceria. La chiamano "Fratelli Aichta e C."
 In quegli anni in diverse zone d'Italia aprirono diversi esercizi commerciali "svizzeri": le guerre napoleoniche avevano avuto gravi ripercussioni sull'economia della Repubblica elvetica così molti, soprattutto grigionesi, furono costretti ad emigrare cercando fortuna nel nostro Paese. Aprivano in tutta Italia principalmente drogherie, caffè e pasticcerie importando ricette d'Oltralpe. Non ci è dato sapere (il Corriere Apuano non era ancora nato!) cosa pensarono all'epoca i pontremolesi di questi intraprendenti stranieri. Qualcuno, probabilmente, avrà storto il naso, forse altri caffè avranno temuto la concorrenza, non pochi avranno tentennato un po' prima di addentare una di quelle cialde farcite di crema gialla ("Chissà cosa ci mettono dentro questi qua!"). Certo è che la drogheria-pasticceria ha potuto aprire i battenti. Nessuna delibera dell'amministrazione di allora, a quanto ci risulta, deve averne impedito l'apertura. Magari per difendere il buccellato o la pattona. Tant'è che oggi il caffè di quel manipolo di esuli elvetici è il locale più rinomato della città, vero e proprio salotto buono di Pontremoli, citato in tutte le guide turistiche che si rispettino.
E l' "amor", importata o inventata proprio da loro, il dolce più rinomato del paese.
Più di centocinquant'anni dopo la storia inizia allo stesso modo. C'è un immigrato egiziano, si chiama Bashir e decide, sempre a Pontremoli, di aprire un kebab. Come molti suoi connazionali, e come Osvaldo e Giorgio, anche lui è partito dal suo paese per cercare maggior fortuna in Italia. Molti cittadini stranieri, da tempo, stanno aprendo, qua e là per la penisola, ristoranti e bar dove propongono piatti e ricette della propria tradizione. Questa volta, però, i pontremolesi non fanno in tempo a storcere il naso, ne' i bar del paese a temere concorrenza, ne' gli scettici a guardare con disgusto quello spiedo strano. Bashir (e come lui i tanti Osvaldo e Giorgio, immigrati con i loro menù tipici dai 5 continenti, compreso il signor McDonald's) non farà neanche in tempo ad aprirlo il suo kebab. Questa volta l'Amministrazione ha deciso che proprio quelle "amor" (e quella spongata, insieme alla torta d'erbi, alla pattona, alla mozzarella, la mortadella, la gorgonzola, il prosciutto di Parma e i pistacchi di Bronte...), nate dalla fantasia di un gruppo di "stranieri" vanno privilegiate e tutelate. E che proprio quel centro storico, dove troneggia a futura memoria l'insegna "Caffè degli Svizzeri" e dove progressivamente sono sempre meno i negozi che sopravvivono, va preservato nella sua tipicità tanto cara ai (numerosi?) turisti. Il gusto che arriva da oltre confine si fermi in Piazza Italia.
Due storie simili, due epiloghi diversi. Altri tempi dirà qualcuno. Certo. Ma ora come allora la lungimiranza di una comunità e di chi è chiamato a guidarla si misura dalla sua capacità di guardare lontano, di capire il cambiamento, di imparare dalla storia, di confrontarsi con le diversità senza rinnegare le proprie radici. Proibizionismi, dazi o steccati non hanno mai pagato. Ė dalle contaminazioni e dalle commistioni che, più spesso, sono nate innovazioni ed eccellenze. In cucina come nella società.
Crediamo che le tradizioni vadano preservate senza trasformarle in paraocchi che impediscono di vedere una società che cambia. Crediamo che i testaroli possano convivere con il cous cous, che i turisti siano così intelligenti da preferire un centro storico vivo ad un centro storico museo, che chi sceglie di avviare una nuova attività in una città commercialmente in declino vada incentivato e non ostacolato. Ci auguriamo che questa Giunta alzi lo sguardo. Ci auguriamo che guardi lontano e sappia tornare sui propri passi. Anche ripensando alla storia di Osvaldo e Giorgio. Ci auguriamo che, un giorno, il kebab fatto con l'agnello di Zeri e le cipolle di Bassone possa diventare un'altra delle nostre specialità.

Circolo ARCI Babel - La Casa dei Popoli
Pontremoli

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