sabato 7 marzo 2009

Commercio equo, istruzioni per l'uso


Il commercio equo e solidale (CEES) è divenuto, in questi ultimi anni, un argomento di studio e di dibattito non solo fra gli addetti ai lavori, ma anche a livello accademico. In quest’ultima categoria possiamo collocare il volume "Che cos'è il commercio equo e solidale" (Carrocci 2008)recentemente pubblicato da Elena Viganò, docente della Facoltà di Economia dell'Università degli Studi di Urbino.
Il libro illustra in modo esaustivo e accessibile le problematiche del commercio equo e solidale, con particolare riferimento alla realtà italiana ed europea. Il volume risponde, in primo luogo, alla domanda ricorrente circa il concetto di commercio equo e solidale, specificando che si tratta di “una particolare forma di relazione di scambio, nata con l’obiettivo prioritario di offrire reali possibilità di sviluppo a produttori svantaggiati, operanti nei paesi poveri del mondo, che hanno difficoltà di accedere ai circuiti del commercio internazione”. Definito il concetto, l’autrice introduce i principi fondamentali di questa particolare relazione commerciale e ne delinea la sua evoluzione storica a partire dagli anni cinquanta fino ad oggi, identificando le diverse ideologie che, nel corso del tempo, lo hanno caratterizzato e illustrando la differenziazione contemporanea delle sue tipologie di filiera: il circuito delle Botteghe del Mondo (BDM) e il circuito dei marchi di certificazione.
Nel quadro definito dall’autrice, il CEES anche se circoscritto a realtà relativamente marginali, si posiziona all’interno del commercio internazionale come un meccanismo di più equa distribuzione della ricchezza. Infatti, grazie a strumenti quali, ad esempio, il prezzo minimo garantito dei prodotti, il rapporto diretto tra produttori e importatori, il prefinanziamento e il fair trade premium (che finanzia progetti di sviluppo nei paesi produttori), il commercio equo determina un sostanziale miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori dei paesi in via di sviluppo. Nei confronti dei destinatari, la diffusione di informazioni contribuisce notevolmente ad un avvicinamento da parte di consumatori sensibili ai temi della sostenibilità e del consumo responsabile; inoltre, il rispetto di standard sociali e ambientali, come prerogativa della produzione equa e solidale, garantisce un’alta qualità dei prodotti della filiera.
Il testo presenta una panoramica delle principali centrali d’importazioni europee e italiane, approfondisce l’analisi delle maggiori BDM italiane e dei marchi di certificazione, delineandone i tratti storici che hanno portato alla fondazione di Fairtrade Labelling Organization, a livello internazionale e del Consorzio Fairtrade TransFair Italia, a livello nazionale. Qui si inserisce il ruolo delle organizzazioni nazionali ed internazionali di coordinamento del CEES e le attività di advocacy e lobbying che esse svolgono nei confronti delle istituzioni, nonché di sensibilizzazione dell’opinione pubblica verso comportamenti di consumo etico a sostegno dei paesi produttori.
L’informazione che passa attraverso i canali “alternativi” non soddisfa, a tutt’oggi, le esigenze del mercato equo e solidale, che richiederebbe un cambio di mentalità da parte dei consumatori ad orientarsi verso scelte di spesa responsabile. Una maggiore coesione tra le organizzazioni di coordinamento del CEES, così come lo sviluppo di relazioni stabili con le istituzioni potrebbero, ad esempio, definire un potenziamento delle attività di advocacy nelle scuole e di campagne di sensibilizzazione nelle piazze delle città.
(recensione tratta da: Sbilanciamoci.info)

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