martedì 7 aprile 2015

Il documento del Commercio Equo e Solidale italiano su Expo 2015


“Feeding the planet, energy for life”: un contributo del movimento italiano del Commercio Equo e solidale
Introduzione
La World Fair Trade Week – Settimana Mondiale del Commercio Equo e Solidale – è il più importante evento internazionale del settore. La prossima edizione di questo evento biennale si tiene a Milano dal 22 al 31 maggio 2015: per dieci giorni la città sarà la “Capitale mondiale del Commercio Equo e Solidale”.
La World Fair Trade Week e i suoi contenuti, sviluppati in 50 anni di esperienza in tutto il mondo dal movimento del Commercio Equo e Solidale (o Fair Trade), saranno rilevanti nel dibattito globale sulla produzione e la distribuzione del cibo, che rischia però di non tenere in considerazione il punto di vista dei piccoli produttori e dell’economia solidale.
La scelta della città -Milano- e del periodo -il primo mese di Expo2015- è scaturita per dare maggiore visibilità a questo momento di incontro e al movimento del Commercio Equo e Solidale in generale. La presenza di tante persone da tutto il mondo contribuirà a far conoscere un movimento che da decenni concretizza nelle sue azioni l’utopia di un modo più giusto, in cui tutti hanno diritto non solo al cibo, ma a una vita dignitosa.
Il tema di Expo2015 “Nutrire il Pianeta, Energia per la vita”, è dunque parte di questa nostra vocazione, e lavorando sul campo abbiamo acquisito esperienze e competenze che riteniamo utili per affrontare un tema così complesso.
Sappiamo che le principali cause della fame che tuttora coinvolge quasi un abitante su 7 del pianeta ci sono povertà, sfruttamento ed esclusione sociale, tutti fattori che non sono frutto del destino, ma che sono spesso conseguenze di precise scelte politiche ed economiche. Riteniamo che questa constatazione sia il punto di partenza necessario per elaborare qualunque strategia efficace sul tema che caratterizza Expo, e che dovrebbe affrontare.
Al centro delle nostre preoccupazioni e del nostro lavoro quotidiano c’è, in particolare, la crisi di lungo periodo delle economie contadine, che attraversa ormai gran parte del pianeta ed è frutto dall’assommarsi storico di eredità coloniali, modelli di agro-esportazione speculativa, politiche nazionali cieche e clamorosi squilibri commerciali internazionali ingenerati dalle politiche neoliberiste di WTO, FMI e Banca Mondiale.
Come conseguenza di tali processi, contadini e artigiani vivono oggi una crisi di proporzioni epocale a ogni latitudine. Una crisi cui concorrono molteplici fattori: la concorrenza sleale delle multinazionali nei confronti dei piccoli produttori locali, lo sfruttamento della mano d’opera nativa per opera di latifondisti e intermediari senza scrupoli, l’imposizione di prezzi d’acquisto sottocosto, l’accaparramento delle terre da parte di grandi corporations e fondi sovrani, la diffusione di bio-carburanti, la zootecnia intensiva, i cambiamenti climatici, l’inaridimento dei suoli, il depauperamento delle falde acquifere.

1. Il Potere come problema centrale
Il Commercio Equo e Solidale affronta da sempre queste difficili tematiche cercando innanzitutto di stabilire relazioni basate sulla cooperazione tra pari. Quindi relazioni in cui non ci sono rapporti di potere sbilanciati, ma in cui ciascuno è chiamato a dare il suo contributo con pari dignità, in un esercizio di democrazia reale, spesso faticoso, ma indispensabile.
Crediamo che questa sia la chiave anche per affrontare il tema dell’accesso al cibo e all’energia per tutti, come condizioni per una vita dignitosa.
Oggi la distribuzione ineguale del potere a livello globale si manifesta nei rapporti di forza tra i pochi grandi compratori dei paesi ricchi e i molti piccoli produttori dei paesi poveri, che non hanno di fatto nessuna possibilità di esigere prezzi adeguati a remunerare il loro lavoro.
Il movimento del Commercio Equo e Solidale ha analizzato come questa disparità di potere influenzi la catena del valore delle merci, e degli alimenti in particolare, evidenziando come solo una piccola frazione di esso rimane ai produttori. Questa ingiusta distribuzione della ricchezza prodotta è la causa principale della miseria e della fame di milioni di agricoltori nel mondo.
La miseria, e la fame che ne consegue, sono frutto innanzi tutto di questi rapporti di forza sbilanciati e non potranno essere superate con nuove tecnologie o innovazioni nella produzione agricola (e/o energetica), ma solo se le scelte globali saranno decise in un quadro di maggiore partecipazione democratica alle decisioni e di reale cooperazione nella loro attuazione.
Siamo convinti che sia necessario recuperare spazi di autodeterminazione e “sovranità alimentare” come precondizione per invertire la rotta fin qui seguita e davvero “nutrire il pianeta” con giustizia, equità e lungimiranza. Riguadagnare spazi di autodeterminazione e sovranità alimentare vuol dire limitare le smisurate libertà di movimento di cui oggigiorno fruisce il capitale transnazionale; vuol dire porre limiti stringenti alla possibilità di speculazione finanziaria sulle derrate agricole, così come alle possibilità di monopolio dei mercati da parte dell’industria agro-chimica o della grande distribuzione organizzata; vuol dire introdurre su scala internazionale clausole di responsabilità sociale d’impresa e regole di commercio internazionale improntate a maggiore equità e trasparenza; vuol dire rivedere le normative internazionali in materia di brevetti, che nell’attualità consentono ai giganti del settore di appropriarsi della biodiversità del pianeta, espropriando i contadini del diritto di sfruttare liberamente il patrimonio botanico da cui traggono da vivere.
Alcune indicazioni
Da questa considerazione generale discendono le indicazioni su alcuni temi particolari che sono particolarmente rilevanti nel quadro delle tematiche affrontate da Expo.

1. MODIFICARE LE POLITICHE DI SOSTEGNO ALL’AGRICOLTURA
La manifestazione più vistosa di come rapporti di potere sbilanciati influenzano negativamente le condizioni di vita dei piccoli produttori di molti Paesi la abbiamo osservando le conseguenze dell’imposizione di politiche di liberalizzazione dei mercati nei Paesi poveri, a fronte di politiche di sussidio e sostegno alle grandi produzioni agricole industriali. L’esperienza del Commercio Equo e Solidale ha incrociato spesso le conseguenze di queste politiche di “doppio standard”.
Esempi eclatanti sono i sussidi alle grandi produzioni di cotone negli USA, gli aiuti alla produzione di cerali e più in generale i sussidi all’agricoltura nell’Unione Europea…
A fronte di questi aiuti dispensati in modo da favorire quasi esclusivamente le grandi produzioni agricolo-industriali, stanno le richieste di eliminazione delle misure di protezione dei produttori locali, richieste da FMI e Banca Mondiale nei loro piani di “salvataggio”. L’effetto di queste asimmetrie è la distruzione di capacità produttive locali e di sovranità alimentare che produce povertà e dipendenza dalle forniture alimentari di provenienza industriale.
Una riduzione della fame nel mondo che avvenga non per via assistenziale o occasionale, ma tramite processi che ne eliminino le cause e creino condizioni di vita dignitosa, richiede interventi precisi sulle politiche di sostegno alla produzione agricola ed all’esportazione praticati in occidente, e riequilibrio nei processi di liberalizzazione che devono vedere concreti vantaggi anche per i produttori del Sud del mondo.

2. DIRITTI SOCIALI E BENI COLLETTIVI
Un altro aspetto fondamentale è la garanzia del diritto di tutti ad accedere ai beni indispensabili per una vita dignitosa. In questo quadro rientrano i diritti all’istruzione alla salute, ma anche il diritto di gestire democraticamente beni collettivi, spesso aggrediti da logiche di mercato che ne vorrebbero la privatizzazione.
L’esempio più eclatante è quello dell’acqua, la cui privatizzazione metterebbe nelle mani di pochi soggetti il diritto di accesso al bene più essenziale per la vita umana. Ma riguarda anche la privatizzazione delle terre, che sottrae risorse agricole alle comunità e le priva di un essenziale potere di partecipazione collettiva alla gestione di questa risorsa.
La pratica di acquistare grandi estensioni di terreno da parte di società multinazionali o addirittura di Paesi stranieri produce danni non solo sul piano economico, mettendo in difficoltà i piccoli produttori agricoli e limitando la sovranità alimentare dei paesi he la subiscono, ma incide anche sul livello di democrazia reale in tali Paesi, creando “enclave” in cui le regole condivise dalle comunità non sono applicabili.

3. SALARI E PREZZI EQUI
Un reale riequilibrio dei rapporti di potere deve riflettersi in remunerazioni e salari dignitosi per i produttori e i lavoratori dei Paesi poveri.
I contadini che producono cibo devono, da una parte, affrontare costi fissi e spesso crescenti, dall’altra non hanno alcuna certezza del valore del proprio prodotto sul mercato al momento di venderlo; il Fair Trade dimostra che applicare prezzi minimi fissi ai prodotti agricoli va d’accordo col commercio e con la produzione di qualità e offre i produttori delle certezze che migliorano fortemente la qualità della loro vita.
Peraltro, questa scelta non è patrimonio solo del Commercio Equo e Solidale: essa fu infatti proposta dall’ONU (in particolare dell’Unctad) già dal decennio del 1960, e per un certo periodo praticata da alcuni organi di regolazione del commercio di alcuni prodotti come una strategia efficace per combattere la povertà e la fame e dovrebbe essere rimessa al centro della pratica del commercio internazionale.
A questa scelta è connessa la possibilità di pagare realmente e di migliorare i salari minimi ai lavoratori, le cui retribuzioni troppo basse sono causa di povertà diffusa.

Conclusione
Siamo convinti che qualsiasi soluzione al problema riguardante il “Nutrire il Pianeta” sia sempre, in prima istanza, una soluzione di ordine politico, e solo in seconda battuta un cambiamento legato a innovazioni tecnologiche (nuove sementi, nuovi concimi, nuovi macchinari) o a sostegni umanitari (nuovi aiuti).
Tecnologie migliorate e aiuti maggiorati possono giovare alla lotta contro la fame a condizione che non erodano ulteriore terreno ai già risicati spazi di protagonismo politico e sovranità alimentare delle comunità locali e nazionali. Tecnologie migliorate e aiuti maggiorati possono giovare alla nutrizione globale se non diventano dei diversivi, che impediscono di discernere che la riduzione della miseria è impossibile senza un patto politico “anti-carestia”, incardinato sul principio morale per cui il diritto all’alimentazione costituisce il primo e il più irrinunciabile dei diritti umani, a cui nessun governante, per nessuna ragione e in nessun momento può venire meno.
Per nutrire il pianeta abbiamo bisogno di un rinascimento contadino globale e quindi abbiamo bisogno di garantire ai produttori primari accesso alla terra, accesso al credito, accesso alla salute, accesso all’assistenza tecnica.
Rinascimento contadino vuol dire valorizzazione dei modelli di autogoverno locale delle risorse comuni -pascoli, foreste, sistemi irrigui-; vuol dire tutela dei diritti d’uso comunitari, vuol dire difesa del diritto degli agricoltori a scambiarsi e riprodurre liberamente le sementi; vuol dire riscoperta dei saperi nativi e delle strategie adattive più efficaci durante le crisi ambientali; vuol dire preservazione delle risorse rinnovabili, della biodiversità, dell’acqua.
Solo a partire da tali presupposti possiamo immaginare una nuova stagione di benessere umano generalizzato.

AGICES – EquoGarantito raggruppa 84 realtà equosolidali, Organizzazioni distribuite su tutto il territorio, che fatturano nel complessooltre 83milioni di euro e sono animate da quasi 30mila soci. Oltre mille sono i lavoratori impiegati nel Fair Trade in Italia, quasi 5mila sono i volontari e 253 punti vendita sul territorio. www.equogarantito.org
WFTO – Europe – Brussels
Altra Qualità – Ferrara www.altraq.it 
CTM Altromercato – Bolzano-Verona www.altromercato.it 
Equomercato – Cantù www.equomercato.it 
Libero Mondo – Bra www.liberomondo.it 

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