Sabato 5 maggio, al Teatro della Rosa di Pontremoli
Blanca Teatro presenta "Portella della Ginestra"
Lo spettacolo"Portella della Ginestra"è liberamente ispirato all'omonimo testo di Ignazio Buttitta.
Con: Antonio Bertusi, Antonio Branchi, Giovanni Carli, Riccardo Naldini, Matteo Procuranti con la partecipazione di: Tano Avanzato ed Erminia Terranova collaborazione artistica: Cristina Occchione Regia: Virginia Martini
Il 1 Maggio 1947 nella piana di
Portella della Ginestra, in provincia di Palermo, qualcuno spara sulla folla che
festeggia la festa del lavoro e la vittoria elettorale del Blocco
social-comunista. Di questa strage verrà ritenuta responsabile la banda di Salvatore Giuliano.
La sentenza del processo stabilirà che “la spinta fondamentale al delitto va pur sempre cercata
nell'interesse a fermare la penetrazione comunista nelle campagne per conservare le
vecchie strutture agrarie, interesse che era proprio anche di altri. Ma dal
momento che non si può affermare che tutte le persone presenti a festeggiare il
primo maggio ci fossero per motivi politici quella riunione può essere considerata
una festa campestre e quindi sparare sui contadini non fu un atto politico Quindi nessun mandante da ricercare.
Una storia archiviata senza risposte chiare, piena di morti,
di bugie, testimoni scomparsi, dichiarazioni ritrattate, documenti trafugati e
segreti di stato.
Una storia complicata.
Una storia italiana
Lo spunto per raccontare questa storia sulla scena l'ha fornito la Fondazione Buttitta
mettendo a disposizione della compagnia Blanca Teatro il testo inedito “Portella della
Ginestra” del poeta Ignazio Buttitta
Si tratta di un'opera mai rappresentata, conservata per più di mezzo secolo nell'Archivio storico
delle Edizioni Avanti, presso l'Istituto Ernesto de Martino
Dice Blanca teatro “Ci siamo permessi di giocare liberamente con il testo lasciandoci stimolare dalle
atmosfere che contiene più che dal disegno drammaturgico, tenendo sempre presente
l'insegnamento più
importante che Buttitta ci ha lasciato: la letteratura come
strumento per proporre una visione del mondo, come mito da condividere con
altri, da agire per la trasformazione della realtà. Abbiamo sviluppato quindi le
suggestioni che anche altre opere di Buttitta ci davano, da “La mia vita
vorrei scriverla cantando” a “Colapesce” fino alle raccolte di poesie “Pietre
nere”, “Io faccio il poeta”, “Lu pani si chiama pani”. Il risultato
drammaturgico è quindi una contaminazione continua di storia e poesia, cronaca, azione
e canto. Il poeta lo portiamo sempre con noi, sulla scena, in ogni gesto, ogni
nota, ogni silenzio, ogni sguardo, attraverso il cuore e l'ingegno di Tano Avanzato."
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