Le letture di una matricola di Filosofia mi fanno incontrare la crematistica di Aristotele mentre sto leggendo il libro di Fabio Salviato e Mauro Meggiolaro “Ho sognato una banca”. Diceva il filosofo che lo scopo ultimo di una sana economia è quello di soddisfare bisogni reali e naturali e non di accumulare ricchezza, scambiando ciò che è un mezzo con un fine e capovolgendo il senso del vivere.
Fabio Salviato non lo cita ma quel filosofo potrebbe accampare un antico – duemilatrecento anni – diritto di paternità sui principi fondativi di Banca Etica. Questo libro li rappresenta tutti, inserendoli in una storia che a tratti appare incredibile. E’ una storia contemporanea, quasi una narrazione collettiva.
Narra dell’avventuroso viaggio tra i villaggi inuit del polo Nord a portare concretezza al progetto - già coltivato con ostinazione da genti più cocciute che isolate - di una banca etica e solidale che desse sostegno alle fatiche di più di tremila abitanti. Oggi quella banca è un’utopia concreta e una leva dello sviluppo locale.
Narra di un viaggio in Honduras a incontrare una cooperativa di cafetaleros spremuti da speculatori del commercio del caffé. Sarà questo l’episodio – era il 1992 – che, come una batteria, farà partire il primo motore della macchina organizzativa di Banca Etica, dando significato e forma a parole come fiducia, credito, rete, responsabilità e bisogni. Sì, proprio i bisogni reali e naturali di cui parlava il filosofo. Perché una tazzina di caffé può cambiare il mondo e oggi la Central de Cooperativas Cafetaleros de Honduras è la più grande – 62 cooperative – associazione di cafetaleros del paese.
Narra ancora di come la regola classica delle tre P (padrino, padrone, partito), fino ad allora fondamenta del sistema bancario italiano e percorso obbligato per chi volesse fondare una nuova banca, venisse riletta adottando tre P diverse: partecipazione, pacifismo, perseveranza. "La mia banca è differente", ora si può dire, seriamente. Non s’è mai vista una banca senza padroni. Ora c’è.
Un libro di “economia narrativa”, economia civile e delle relazioni di fiducia. Dove l’economia delle reti viene prima dell’economia dei numeri e dei PIL. Poiché dietro i numeri sempre ci sono persone. Diceva mio nonno, con sarcasmo contadino, che “il vino si può fare anche con l’uva, non solo con le cartine o il sangue di bue”. Allo stesso modo diciamo che si può fare una banca dando credito alle relazioni di fiducia e non solo con le speculazioni finanziarie.
Fabio Salviato, che non pare estraneo a quella saggezza contadina, ci mostra come sia possibile realizzare i propri sogni quando sono allacciati alla rete diffusa dei sogni comuni e ci invita a disfarci dell'illusione di cambiare il mondo nel tempo libero: è il mondo occupato, la nostra vita, che dobbiamo cambiare. Non possiamo permetterci il lusso di lasciar riposare i nostri sogni.
Una lettura confortante per chi avverte il bisogno di una boccata d’ossigeno, per chi non vuole essere travolto dall'apatia, per chi vuole continuare a credere nei propri sogni e perseguirne ostinatamente la realizzazione. E quel lettore che in un libro cerca solo una storia avvincente stia tranquillo, qui c’è.
Domenica 18 luglio ore18 incontro con gli autori a Pontremoli (Ai Chiosi)
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